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La cd. Rigenerazione urbana (anche alla luce della recente L. R. Liguria n. 23 del 2018)

By |2021-07-02T12:49:19+00:0002/07/2021|

Che cos’è?  La definizione “rigenerazione urbana” comprende progetti urbanistici ed interventi edilizi diretti alla manutenzione e/o al recupero di spazi già edificati piuttosto che al consumo di nuovo suolo.

Per una definizione più precisa si può vedere, a titolo di esempio, la L. R. Lombardia n. 18 del 2019, il cui art. 2 parla di “insieme coordinato di interventi urbanistico-edilizi e di iniziative sociali che possono includere la sostituzione, il riuso, la riqualificazione dell’ambiente costruito e la riorganizzazione dell’assetto urbano attraverso il recupero delle aree degradate, sottoutilizzate o anche dismesse, nonché attraverso la realizzazione e gestione di attrezzature, infrastrutture, spazi verdi e servizi e il recupero o il potenziamento di quelli esistenti”.

Le proposte di “rigenerazione urbana” vengono sviluppate soprattutto (ma non solo) nelle grandi città, in cui gli insediamenti industriali sorti durante il boom economico (anche) all’interno di aree residenziali, ormai abbandonati, costituiscono dei relitti del tutto incongrui rispetto al contesto in cui sono collocati (oltre che delle concentrazioni di degrado).

D’altro canto, gli strumenti pianificatori per realizzare interventi di “rigenerazione urbana” esistono da almeno quarant’anni.

A) Tradizionalmente, a livello edilizio-urbanistico, la rigenerazione urbana può essere realizzata mediante piani attuativi di iniziativa pubblica o privata (in particolare, i piani di recupero rispettivamente ex 28 e 30 della L. n. 457 del 1978).

-> Cosa sono: strumenti urbanistici attuativi volti a realizzare interventi di conservazione e/o risanamento e/o ricostruzione del patrimonio immobiliare: “è (…) evidente la natura dei piani di recupero di strumenti urbanistici attuativi, soggetti quindi alle previsioni generali del piano regolatore generale, nonché la funzione di recupero del patrimonio edilizio esistente tramite interventi fino alla ristrutturazione urbanistica” (Cons. Stato, Sez. II, 25.2.2021, n. 1631).

-> Operano nell’ambito delle “zone di recupero” previamente individuate negli strumenti urbanistici.

-> Il procedimento, in linea di massima, è quello dei piani particolareggiati: “il piano di recupero ex art. 28 L. 5 agosto 1978, n. 457, è uno strumento equivalente, sotto il profilo dell’efficacia giuridica, al piano particolareggiato, dal quale si differenzia perché finalizzato, piuttosto che alla complessiva trasformazione del territorio, al recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente con interventi volti alla conservazione, risanamento, ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso” (Cons. Stato, Sez. II, 25.2.2021, n. 1631).

Presupposto dei piani di recupero è, quindi, l’individuazione – negli strumenti di pianificazione urbanistica -delle zone in cui, per le condizioni di degrado, si rende necessario il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente: il piano di recupero risponde allo scopo di attuare le previsioni del PRG per quanto riguarda il recupero del patrimonio edilizio degradato.

Data la loro natura di strumenti urbanistici attuativi, i piani di recupero possono essere proposti anche da privati: “i proprietari di immobili e di aree compresi nelle zone di recupero, rappresentanti, in base all’imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati” (art. 30 della L. n. 457 del 1978.

Come precisato in giurisprudenza, “il piano di recupero dell’edilizia degradata, previsto dalla l. 5 agosto 1978 n. 457, ha (…) lo scopo d’individuare, nell’ambito di zone definite ‘di recupero’, gli immobili, complessi edilizi ed aree oggetto di piani d’iniziativa sia pubblica che privata, attraverso una delibera programmatica che identifica gli immobili che saranno oggetto dell’intervento, senza tuttavia trasformare il carattere privato proprio di quegli immobili in pubblico” (Cass. civ., Sez. Trib., 8.6.2007, n. 13455).

B) A livello di legislazione ligure, va segnalato l’istituto dei “distretti di trasformazione” (art. 27 ed art. 29 e ss. della L. R. n. 36 del 1997), già individuati in sede di pianificazione generale (PUC o PRG): ambiti urbani per i quali si prevede un sistema complesso di interventi destinati ad innovare in modo sostanziale l’assetto fisico e funzionale di parti del comprensorio comunale.

Tali ambiti riguardano aree industriali ormai desuete, strutture pubbliche e/o private che hanno concluso di svolgere la propria funzione, interstizi urbani e quelle parti di città su cui il Piano prevede di innovare in modo sostanziale sia l’aspetto fisico che funzionale.

Per usare le parole dell’art. 29 della L. R. n. 36/1997, “le parti di territorio comunale, anche tra loro non contigue, purché funzionalmente connesse, per le quali il PUC prevede una trasformazione urbanistica che comporta un sistema complesso di interventi destinati ad innovare in modo sostanziale l’assetto fisico e funzionale del distretto”.

Il TAR Liguria ha precisato che i “distretti di trasformazione” (al pari degli “ambiti di riqualificazione”) costituiscono un elemento strutturale del PUC: “gli istituti urbanistici dell’ambito di riqualificazione e del distretto di trasformazione compongono la trama strutturale del piano urbanistico comunale ai sensi dell’art. 27 l. reg. Liguria 4 settembre 1997 n. 36 (…) sono concepiti come parti del territorio caratterizzati da vocazione urbanistica omogenea in vista del perseguimento di specifiche finalità: per l’ambito, quella di riqualificazione e conservazione; per il distretto, quella della trasformazione” (TAR Liguria, Sez. I, 27.10.2005, n. 1406).

Più in generale, “il p.u.c. deve compiere l’analisi degli assetti territoriali attuali, determinare gli obiettivi da raggiungere secondo le potenzialità individuate nel territorio comunale, individuare le parti in cui detto territorio non debba subire sostanziali modificazioni qualitative e quantitative, specificare i distretti di trasformazione in cui attuare la trasformazione urbanistica che comporta un sistema complesso di interventi destinati a rinnovare in modo sostanziale l’aspetto fisico e funzionale dell’esistente; è al Comune, quindi al p.u.c., che spetta precisare definitivamente ove si possa edificare, rispettando comunque le linee di assetto generale del territorio regionale dettate finora dal p.t.c.p.” (TAR Liguria, Sez. I, 8.7.2005, n. 1066).

C) Un esempio pratico, a livello locale: l’area “Ex Aura” di Genova Nervi, che comprende le aree un tempo occupate dall’ex fabbrica di cioccolato in via del Commercio, oggi dismessa e in stato di abbandono dagli anni ’90.

Nel PUC di Genova, l’area in questione è identificata e localizzata come “Distretto di Trasformazione n. 29” per il quale viene posto come obiettivo della trasformazione “la riconversione dello stabilimento ex Aura, in via del Commercio, per la realizzazione di un nuovo polo di servizi pubblici per lo sport, con l’inserimento di funzioni urbane residenziali e piccole attività commerciali”.

Con nota protocollo n. 245475 del 10.7.2019 è stata formulata dalla società Roseto S.r.l., proprietaria di almeno il 75% delle aree, istanza di avvio del procedimento di approvazione del PUO (Progetto Urbanistico Operativo) unitario relativo al Distretto di Trasformazione n. 29, come prescritto dalle Norme di Congruenza del PUC vigente.

In data 23.7.2020 la Giunta Comunale ha adottato la deliberazione n. DGC-2020-162, avente ad oggetto: “adozione del Progetto Urbanistico Operativo (PUO) relativo al Distretto di Trasformazione n. 29 – Ex Aura di Nervi – del vigente PUC ai sensi dell’art. 51 della legge urbanistica regionale n. 36/1997 e s. m. i.” e con la successiva deliberazione n. 225 del 22.10.2020, scaduto il termine per le osservazioni dei privati, ha approvato definitivamente il progetto in questione.

In questo modo si approva la realizzazione, sull’area ex industriale, di:

– due edifici residenziali, tramite ricostruzione della superficie agibile legittimamente esistente di circa mq. 8.554;

– le relative opere di sistemazione e di urbanizzazione private;

– un impianto sportivo interrato con campo regolamentare per basket di cui è possibile l’utilizzo per pallavolo, tennis e calcio a cinque oltre ad altre attività di gruppo e capace di ospitare un pubblico di circa 150 persone;

– la rinaturalizzazione e la sistemazione del versante costituente il settore n. 2, con recupero di terrazzamenti e con nuovi percorsi pedonali oltre al ripristino della “creuza” che costeggia il confine nord-est lungo il fosso Tramezzo.

D) La normativa più recente, a livello regionale, è quella dettata ad hoc dalla R. n. 23 del 2018, recante “disposizioni per la rigenerazione urbana. Si tratta di un evidente accelerazione del fenomeno.

Detta legge risponde all’esigenza di “favorire il miglioramento della qualità ambientale, paesaggistica, architettonica e sociale del tessuto edificato, individua la rigenerazione urbana quale alternativa strategica al consumo di nuovo suolo e detta, con la presente legge, disposizioni per favorire la rigenerazione di ambiti urbani in condizioni di degrado urbanistico e edilizio” (art. 1).

Allo scopo prevede che (art. 2) il Comune “anche su proposta di altri soggetti pubblici o privati, può individuare nel proprio territorio gli ambiti urbani in condizioni di degrado urbanistico ed edilizio che richiedono interventi di rigenerazione urbana, architettonica, sociale, ambientale o di deimpermeabilizzazione dei suoli”.

Si tratta, quindi, di modifiche e/o varianti settoriali a quanto previsto dagli strumenti di pianificazione generale.

Negli ambiti così individuati, vengono ammessi una serie di interventi edilizi molto significativi:

– “mutamenti di destinazioni d’uso, anche con opere edilizie (…) finalizzati all’introduzione di funzioni attrattive o di interesse collettivo che rivitalizzino l’ambito urbano”;

– “interventi sino alla ristrutturazione urbanistica e interventi di nuova costruzione, relativi a edifici o complessi di edifici, comprese le eventuali aree libere intercluse”.

 

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